Il Dorìforo (dal greco “doriforos”, che significa “portatore di lancia”) è una scultura in marmo databile alla metà del V secolo, ad oggi conservata presso il museo archeologico nazionale di Napoli. La scultura è la migliore copia romana ritrovata (a Pompei) – nonché la versione più famosa – di un originale Doriforo bronzeo di età classica, eseguito da Policleto intorno al 450 a.C. e purtroppo andato perso. Il doriforo pompeiano è stato realizzato in una speciale variante di marmo di Carrara proveniente dalla città di Luni.
il Doriforo: descrizione e stile
La copia romana del Doriforo di Policleto, è un esempio dell’applicazione di un canone statuario finalizzato alla rappresentazione della bellezza ideale. Il Doriforo rappresenta probabilmente un campione della corsa armata (una disciplina atletica in cui si doveva correre completamente armati). Il suo corpo è, infatti, potente e muscoloso, con spalle ampie e pettorali pronunciati. Alcuni avanzano anche l’ipotesi che il giovane uomo sia il semidio omerico Achille.
L’uomo è in piedi, apparentemente fermo, ma con un accenno di intenzione di movimento dato dalla sua posizione “ancata”: il peso è sostenuto interamente dalla gamba destra, “portante”, mentre la gamba sinistra è “scarica”, quindi flessa e indietreggiata, con il tallone sollevato da terra e il fianco destro risulta, così, sollevato, con la spalla destra è abbassata per compensazione.
Secondo un’ipotesi ricostruttiva, quasi certamente, in origine, in Doriforo reggeva con il braccio sinistro la lancia, appoggiata alla spalla, e, secondo alcuni, anche uno scudo; con il braccio destro è possibile impugnasse invece una spada, tenuta per il fodero con la mano e rivolta all’indietro. L’anatomia del giovane uomo è regolata dalle proporzioni del canone, con un grande equilibrio formale, enfatizzato dal prezioso materiale con cui è stato realizzato, candido ed elegante in maniera impareggiabile.

i materiali lapidei di Luni
La vita della città di Luni, antica città romana che si trova attualmente al confine tra Liguria e Toscana, è costellata dall’uso di materiali lapidei vari ed eterogenei. Eterogenea e complessa è, infatti, la geologia locale, in particolare dell’area che comprende il Promontorio Orientale della Spezia, l’area terminale dei bacini idrografici Magra-Vara e l’area Apuana. In questa zona, vi è la possibilità di reperire i materiali sia in affioramento lungo i versanti, che in frazioni detritiche (ciottoli e massi) più o meno grossolane disperse nelle frane, nei materassi alluvionali e nei depositi litoranei.
La maggior parte del marmo estratto e impiegato in maniera diffusa in questo territorio è quella lunense: un marmo bianco molto simile a quello “più famoso” estratto sulle Alpi Apuane, una pietra ornamentale caratterizzata da un uniforme colore bianco candido, spesso con riflessi dorati, derivante da metamorfismo di basso grado su calcari molto puri. Sono stati studiati e classificati anche altri materiali litoidi in uso a Luni: in molti casi è stata riscontrata la loro appartenenza alla sequenza metamorfica che comprende il cosiddetto marmo di Punta Bianca.

giacimenti e usi del marmo lunense
Il marmo del Doriforo, con la gran varietà di bianchi e bardigli, ha contribuito in modo determinante a creare la fama e la fortuna di Luni, tanto che le cave divennero proprietà personale dell’imperatore a partire da Tiberio (14-37 d.C.). A quei tempi, infatti, il materiale estratto era largamente utilizzato in città, sia negli edifici pubblici, sia in quelli privati. Nello specifico, il marmo lunense è celebre per gli utilizzi sia nella statuaria (per esempio, la Pietà di Michelangelo) che nell’architettura e nella scultura, in elementi portanti (architravi, capitelli, colonne, pilastri, basamenti), rivestimenti (cornici e lastre parietali, lastre pavimentali) ed elementi ornamentali (portali, fontane, altari, stele, lapidi funerarie).
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